Come fare la cima ligure, ricetta tradizionale genovese
La cima ligure, una ricetta tradizionale e davvero buona, c’è chi la serve fredda ben fredda con l’aggiunta di salsa verde e c’è chi la consumo appena appena tiepida.
E’ la regina delle pietanze genovesi, la sua origine è senza dubbio remota, la si ritrova in infinite varianti anche nelle cucina delle Riviere, sia di Levante sia di Ponente; in quest’ultima in particolare la verdura cresce proporzionalmente rispetto alla carne e all’uovo nel ripieno, le frattaglie quasi spariscono, entra anche la carota per dare colore, a volte il riso, altre la mortadella. C’è anche una variante nella Lunigiana che è anch’essa essenzialmente a base di verdura e ha pochissima carne essenzialmente magra. Una vera chicca e ghiottoneria è la cima fritta.
Tutte le varianti hanno comunque in comune la fetta di pancia, di vitella o manzo, un taglio di carne che viene cucita a mò di borsa in cui il ripieno viene infilato e dopo essere stata ben cucita a mano viene cotta per ottenere la cima finita.
La storia dela cima
La cima nasce come piatto pasquale, da “ricchi”, simile alla poitrine de veau farcire, si tratta di una delle esecuzioni più complesse del ricettario ligure, adatta per cuochi di una certa abilità, pazienza ed esperienza.
La Cima, “A Cimma” in dialetto , non è solo un piatto tradizionale ligure, è una vera e propria poesia gastronomica. Questo secondo piatto a base di carne di vitello o manzo, farcito con una ricca e gustosa miscela di ingredienti, viene cucito a mano e bollito con verdure per diverse ore, trasformandosi in un’esperienza culinaria memorabile. Un piatto così speciale che ha ispirato persino una canzone di De Andrè e Fossati.
La cima ripiena trae le sue origini dalla cucina povera ligure. Inizialmente preparata con ingredienti di recupero, come dimostra la composizione della farcia, si è trasformata grazie all’ingegno e alla pazienza delle massaie in un piatto ricco e gustoso. Intorno alla sua preparazione esistono miti e leggende, alcuni dei quali sono stati immortalati da De Andrè e Fossati nella loro canzone.
La Cima, infatti, non richiede solo carne, uova ed erbette. Preparare questo piatto è come combattere contro streghe, magia e malocchio per evitare che esploda durante la cottura, disperdendo nell’acqua tutte le delizie del ripieno e lasciando soltanto uno strato di carne meno pregiata. Pertanto, è inevitabile che nella descrizione di questo piatto siano inclusi alcuni gesti scaramantici. Per garantire il successo nella preparazione della Cima, è essenziale alzarsi presto al mattino, all’alba, senza perdere tempo in rituali di bellezza superflui. Basta guardarsi allo specchio nel fondo di un tegame.
È poi importante posizionare la scopa con la parte superiore rivolta verso l’alto sotto la cappa, in modo che, se una strega dovesse cercare di entrare, sarebbe costretta a perdere tempo contando le paglie di cui è composta la scopa. Nel frattempo, la Cima sarà già cucita e pronta per essere cotta.
La canzone “A Cimma” racconta anche del modo in cui la carne deve essere punzecchiata durante la cottura e di chi ha l’onore di tagliarla per primo: spetta allo scapolo di casa questo privilegio. (Antica osteria del Carugio)
Inclassificabile tra le portate, la cima può essere un appetitoso antipasto o un appagante secondo piatto; a base di carne di vitello, viene riempita con un ventaglio di ingredienti che spaziano dal quinto quarto alle verdure. Piatto estivo o invernale è sempre presente durante le festività natalizie, servito a temperatura ambiente in fette con uno spessore variabile tra il centimetro e il centimetro e mezzo.
La carne deve essere cucita bene, il ripieno dosato alla perfezione per evitare che fuoriesca durante il bollore, già perchè la cima deve bollire per almeno un’ora e le uova aumentano di volume, sbagliare le dosi significa fare esplodere la cima e rovinarla irrimediabilmente!
La tradizione vuole che il numero di uova si calcoli poggiando il pugno posato sulla “tasca” di carne ancora vuota e contando quanti pugni servono per occupare tutta la superficie della tasca. La proporzione cambia a seconda che il pugno sia di un uomo o di una donna. Una volta bollita, avvolta in un panno di lino, la cima va raffreddata tra due piatti fondi, con appoggiato un antico ferro da stiro o un mortaio.
La tecnica per una cima perfetta
Nonostante possa sembrare un piatto semplice da preparare, la cima richiede tempo e abilità: si rischia soprattutto che la carne si spezzi o si sfili lo spago, facendo uscire il ripieno nel brodo.
Per questo è essenziale trovare la carne giusta, elemento che può essere difficile fuori dalla Regione. La fetta deve essere sottile e tagliata nella pancia del vitello: poi va ripiegata a libro e cucita. Per evitare che la tasca si rompa, il segreto è quello di dosare bene gli ingredienti, cucire con cura la tasca con il filo e far cuocere il pezzo avvolto in un telo di lino.
Un trucco per fare in modo che il ripieno si distribuisca bene all’interno della tasca è ruotare la cima più volte durante le prime fasi della cottura prima che l’interno si rassodi troppo.
Ogni tanto con uno stecchino lungo pungetela vicino alle cuciture per far fuoruscire l’aria ed evitare che la cima non si scoppi.
Una volta cotta, la preparazione della cima non è conclusa. L’ultimo passaggio è il riposo sotto un peso. Le nonne utilizzavano il ferro da stiro di ghisa. La funzione è quella di far uscire il brodo rimasto e dare la formacaratteristica.
Io ho la fortuna di avere una pressa creata da mio nonno: due tavole di legno rivestite di acciaio unite da due morsetti a vite che si possono stringere a seconda dello spessore della cima.
Il taglio di carne per fare la cima
La tasca di carne viene ricavata dalla pancia del vitello (la parte che copre le costole) spessa circa mezzo centimetro, coperta da una pellicina su tutte e due le facce, piegata a libro e cucita.
Dai macellai Liguri si trova la carne anche già cucita sui tre lati con una piccola apertura per far entrare il ripieno, una volta farcita dovrete cucire voi solo il foro per la farcitura.
La ricetta della Cima alla genovese
Questa è la ricetta della cima alla genovese che ho realizzato, è la versione con carne, carote, uova e piselli che utilizzava mia nonna Leonida; ovviamente ogni famiglia userà più o meno gli stessi ingredienti; c’è chi aggiunge pinoli, chi carciofi e ancora funghi secchi; Per tradizione si utilizzano anche varie parti di carne e frattaglie come cervella, animelle… anticamente si utilizzavano anche i testicoli.
La mia versione prevede la classica pancia di vitellone, macinato, mortadella e animelle. Come verdura ho scelto carote, sedano e piselli, erbette come maggiorana, timo e salvia e infine parmigiano grattugiato e sale e pepe .

Cima Ligure ricetta tradizionale genovese
Equipment
- 1 pressa per cima o 2 piatti fondi e un peso per schiacciare la cima
- 1 ago e filo per cucire la tasca di carne
Ingredienti
- 1 kg pancia di vitellone
- 150 g polpa macinato di manzo
- 1 animella
- 3 uova sode intere
- 3 uova sbattute
- 120 g piselli freschi o surgelati
- 1 spicchio di aglio
- 100 g di parmigiano gratuggiato
- 50 g mortadella
- 1 ciuffo maggiorana
- 2 rametti timo
- 2 cipolle
- 2 carota
- 1 panino piccolo ammollato nel latte o 2 fette di pancarrè ammollate nel latte
- 1 costa di sedano
- 2 litri acqua
- 1/2 bicchiere Olio extravergine di oliva
- 1 bicchiere vino bianco secco
- q.b sale e pepe
Istruzioni
- Per prima cosa si deve ottenere una sacca rettangolare con la pancia di vitello, cucire con punti non troppo larghi e distanti 2 lati della tasca lasciando per ultimo il lato corto da cucire dopo che sarà farcita la tasca
- Riempite d'acqua la tasca per controllare che non vi siano falle, svuotatela e mettetela a sgocciolare
- Prendere una casseruola di coccio mettere un po' d'olio e farvi rosolare mezza cipolla tagliata a spicchi, aggiungere la polpa macinata di manzo, l'animella tagliata a pezzetti e far rosolare ancora
- Aggiungere il vino e far sfumare bene, continuare la cottura per altri 5 minuti
- in un'altra casseruola mettere poco olio, mezza cipolla tagliata sottile e farla rosolare lentamente. Aggiungere i piselli e una carota pulita tagliata a cubetti piccoli.farli cuocere 10 minuti
- In una terrina capiente mettere le 3 uova sbattute, aggiungere la mortadella tritata con la maggiorana e il timo.Aggiungere il parmigiano grattugiato, il sale e pepe e infine la polpa cotta con le animelle raffreddata.
- Aggiungere anche i piselli e la carota, mescolare bene e infine aggiungere al composto il pane ammollato nel latte.Mescolare tutto bene per amalgamare gli ingredienti
- Riempire la tasca con il ripieno ottenuto, aggiungere anche le 3 uova sode, infine chiudere con il filo la tasca in modo che non fuoriesca il ripieno.
- Prendere una pentola capiente, mettere i 2 litri d'acqua, la cipolla rimasta , la costa di sedano e una carota Portare a bollore e far cuocere 20 minuti
- Prendere la cima, bucherellarla con uno stecchino lungo e infine avvolgerla in un telo di lino, metterla dentro il brodo e rigirarla spesso nel brodo per far si che il ripieno si distribuisca bene.
- Far cuocere per 2 oreA cottura ultimata prelevare la cima, toglierla dal telo di lino e metterla sotto la pressa per dare la caratteristica forma e far fuoriuscire il brodo.Se non avete la pressa utilizzate 2 piatti fondi su cui metterete un peso per schiacciare la cima
- Fatela raffreddare completamente, una volta raffreddata servite la fredda tagliate a fette alte 1 cm circa
Conservare la cima ligure tradizionale genovese
Se per caso vi avanzasse della cima genovese…


Lascia un commento